I secoli di Venezia. Dai documenti dell’Archivio di Stato
Introduzione
Andrea Pelizza
Fedele alla propria tradizione di partecipazione alla vita culturale nelle sue varie forme, l'Archivio di Stato di Venezia – custode della memoria documentaria della città e dello Stato da essa creato – non poteva mancare di fornire un contributo alle celebrazioni in corso, a cavallo tra 2021 e 2022, per i 1600 anni dalla fondazione di Venezia, la cui nascita viene ricondotta dalla leggenda al 421.
Commemorando Raimondo Morozzo della Rocca, suo predecessore dal 1952 al 1968 nella direzione dell’Archivio dei Frari, nonché amico e maestro carissimo, Maria Francesca Tiepolo fece ripetutamente riferimento al vivo interesse che egli aveva nutrito sempre, ma soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, per la cronologia, tentando di «cogliere il barlume di verità che potesse celarsi pur nei racconti leggendari». In particolare, dell’illustre studioso ella ricordava «le indagini, mai volute pubblicare, intorno alle date della nascita e della passione di Cristo, al computo pasquale e al tema della presunta origine di Venezia, che lo impegnarono per lunghissimo tempo». Morozzo, nell’esplorare le cause e il significato di determinate forme di datazione, e specialmente dello stile rimasto in uso a Venezia sino al 1797, collegava sottilmente la data ab urbe condita alle leggende sulla fondazione della città nel giorno dell’Annunciazione, e anche a temi cristologici e mariani. Nonostante le ricerche di Morozzo siano rimaste malauguratamente inedite, un cenno ai contenuti – per quanto specificamente riferibile alla nascita di Venezia – è ricavabile, peraltro, proprio dal ricordo di Tiepolo: «Il tradizionale 421, se interpretato a Passione e muovendo dall’anno 30 dell’era volgare, gli risultò poter coincidere con il 451, data della calata di Attila, ripetendone anche l’indizione. Le due leggende, quella padovana e quella attilana, potevano allora ridursi a una matrice comune»[1].
Si è ritenuto di proporre, nell'occasione del ricorrere della data convenzionale che ricorda la mitica fondazione, una rassegna documentaria che, in modo sicuramente incompleto e men che parziale, offrisse però l'opportunità di soffermarsi su alcuni aspetti importanti della civiltà veneziana attraverso i secoli, fornendo qualche nuovo spunto o riprendendo e integrando itinerari già percorsi.
La ricchezza e la qualità della documentazione conservata in Archivio di Stato concede infatti di individuare testimonianze atte a illustrare praticamente ogni aspetto della storia politica, sociale e culturale di Venezia. Fondato (dopo un ventennio di tentativi e sperimentazioni) nel 1815, in epoca lombardo-veneta, l'Istituto custodisce larga parte dei documenti prodotti dalla Repubblica di Venezia nei secoli della sua storia, in tempo di pace e in tempo di guerra, di opulenza e di carestia, di splendore e di decadenza. A essi si aggiungono gli archivi delle autorità di governo che dopo il 1797 sono succedute alla Serenissima, fino all'epoca presente. Accanto ai fondamentali atti pubblici, inesauribile fonte di ricerca, sussistono anche – non meno preziosi dei primi – i documenti notarili, posti in essere lungo molti e molti decenni, in una teoria che, senza soluzione di continuità, giunge quasi ai giorni nostri, per dare efficacia alle volontà mortis causa e inter vivos di tante generazioni di veneziani. Ad arricchire ulteriormente le storiche sale dei Frari sono poi gli archivi delle corporazioni religiose, maschili e femminili, soppresse in età napoleonica, preziosa testimonianza di vita spirituale, ma anche di splendore artistico e di estese proprietà; le carte prodotte dalle scuole grandi, doviziose confraternite devozionali, che includevano tra i propri membri esponenti del patriziato dominante e dei ceti commerciali; nonché quelle provenienti dalle «arti» cittadine, associazioni di mestiere espressione delle vivacissime attività dell’alto artigianato locale. Tutti forniscono uno spaccato fondamentale della quotidianità di un tessuto morale, sociale ed economico vivo e intenso. Ovviamente – non lo si può qui dimenticare – anche altri importanti archivi (quello comunale, quello patriarcale e non solo) racchiudono considerevoli testimonianze, mentre tantissime istituzioni di conservazione (Biblioteca Nazionale Marciana, Biblioteca del Museo Correr, Biblioteca Querini Stampalia e altre) esprimono con la ricchezza delle loro raccolte la sovrabbondanza della dimensione veneziana.
Anche soltanto questi brevi cenni – evocativi di una panoramica che è enormemente più complessa – fanno comprendere quanto arduo sia il compito di operare una valutazione tra le carte pubbliche e private, per illustrare aspetti e momenti del vivere veneziano attraverso i secoli. Cosa individuare dunque? Esempi maggiormente accattivanti dal punto di vista visivo, o invece scritture di impatto più modesto, ma di sostanziale intrinseco valore? Fondamentali atti di governo, o rimarchevoli testimonianze di relazioni private? Attestazioni di attività commerciali con ogni paese d'Oriente e d'Occidente, trattati di pace, rapporti sulle attività belliche, sulle vittorie e sulle disfatte, sulle conquiste e sulle rese, resoconti circa le visite di soggetti eminenti, provenienti da ogni dove, dispacci diplomatici di estrema analiticità, che spaziano dalla corte pontificia all'estremo Oriente, dalle Indie alle Americhe, dal Mar Nero al Corno d'Africa, e dipingono popoli di ogni etnia e religione, fornendo quadri illustrativi della vita di pressoché tutti i paesi, informazioni sulle esplorazioni geografiche in Asia e America, notizie su genti lontane e sconosciute, accurati dettagli sulle innovazioni tecnologiche, sugli studi, sui progressi della scienza? Controversie politiche e religiose, insanabili rivalità personali, persecuzioni di eretici o fondazioni di comunità monastiche, dibattiti letterari e accademie musicali, personalità fortissime di compositori, pittori, poeti, letterati, guerrieri, navigatori, o più comuni figure della vita quotidiana sono allo stesso modo documentati nelle carte dell'Archivio di Stato.
È possibile considerare la stagione più remota, in cui il Comune Veneciarum – poco attivo sulla contigua terraferma – si proiettava invece verso i traffici di Levante, e si dava alla conquista commerciale e successivamente anche politica di quel mondo bizantino dal quale Venezia stessa traeva antica origine, facendo così la fortuna e la ricchezza della città lagunare – “ponte” tra Oriente e Occidente – grazie alla navigazione, al commercio e all'intraprendenza sia di un patriziato autonomo da ogni retaggio feudale, sia dei tanti che operavano al suo fianco. Si può poi scendere lungo i secoli alla stagione successiva, quando Venezia, nel contemporaneo proporsi delle prime avvisaglie di un'incombente ridimensionamento in Oriente, dovuto all'astro nascente della potenza ottomana, e dell'affacciarsi di pericolosi competitori padani – i signori di Padova, prima, e soprattutto di Milano, poi – si volse al retroterra veneto, legandolo progressivamente e indissolubilmente a sé, prima che con la forza delle armi, con la potenza catalizzatrice di un polo culturale e artistico con pochi eguali. Si possono ripercorrere i secoli conclusivi della vita della Repubblica e riviverne la fine; si può assistere poi alle profonde trasformazioni che caratterizzarono il secolo XIX, in età napoleonica e austriaca, fino all’unione con l’Italia nel 1866. Né manca la possibilità di illustrare il Novecento veneziano, attraverso le istituzioni e gli uomini che lo contraddistinsero.
Impossibile, dunque, e non solo impervio, operare una selezione soddisfacente per un arco cronologico e tematico così vasto e poliedrico, e neppure si può presumere di indagare temi che ben altrimenti sono stati trattati in una estesissima storiografia passata e recente. Molto più modestamente, si è valutato allora di enucleare uno spoglio necessariamente limitato ad alcuni settori, omettendone infiniti altri, altrettanto e anche più importanti. I documenti scelti sono stati perciò inquadrati in alcune aree, che coprissero da un lato uno spettro comunque vario per soggetto e argomenti, e dall'altro illustrassero stagioni e momenti temporalmente distanti; si è cercato inoltre di preferire documenti meno conosciuti di altri o comunque meno esposti in passate occasioni. Ulteriore criterio è stato quello di valutare tipologie tra loro differenti, per offrire un quadro – seppure ancora una volta ben lontano dall'essere completo – delle tante possibilità consentite dagli archivi custoditi ai Frari.
Per la descrizione delle singole sezioni si rinvia alle pagine introduttive di ciascuna; qui occorre precisare che lo spoglio documentario e la redazione delle più di cento schede, tutte originali, sono frutto del lavoro – coordinato e curato, su incarico del Direttore, da chi scrive – degli archivisti di Stato veneziani, i quali nella loro giornaliera attività accompagnano lo studio e la ricerca delle fonti con le attività indispensabili al funzionamento quotidiano dell’Istituto.
[1] M. F. Tiepolo, Ricordo di Raimondo Morozzo della Rocca (1905-1980), «Rassegna degli Archivi di Stato», XL (1980), pp. 172-175; Ead., Raimondo Morozzo della Rocca (1905-1980), «Archivio Veneto», s. V, 112 (1981), pp. 159-163; Ead., In memoria di Raimondo Morozzo della Rocca, «Studi Veneziani», n.s., 4 (1982), pp. 363-365. Sono grato a Eurigio Tonetti per la segnalazione.