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ALLE ORIGINI DI VENEZIA. CITTÀ E DOGADO

Mattina e sera / cantemo: «E viva / la libertà». / Questa è la vera, / questa è la nostra / felicità (Goldoni 1736).

«Non sono d' accordo fra loro intorno all'epoca della fondazione della città di Venezia, e quindi né meno intorno a quella della festa instituita per celebrarla, li nostri Cronisti medesimi», scriveva Giustina Renier Michiel nel capitolo introduttivo del suo fondamentale contributo sull’origine delle feste veneziane. E seguitava: «In tale incertezza, mancandoci documenti sicuri, non ci resta che la lusinga di accostarci al vero, col percorrere la Storia de' primi secoli di quest'Isolani […]. Non havvi, quasi direi, nazione la di cui origine involta non sia fra i prestigi della favola, e fra i vaneggiamenti del nazionale orgoglio e della superstizione, e quindi non offra nella sua Storia contraddizioni, incertezze, dubbi ed errori» (Renier Michiel 1829, p. 1).

Appare pertanto più che opportuno associarsi senza esitazione alle considerazioni dell’illustre studiosa, e lasciare alle ricerche degli archeologi e degli storici antichi, recenti e recentissimi il compito d’indagare sulle origini di Venezia, discernendo il racconto del “mito” – quello della data fondativa, quello della libertà originaria e incondizionata dei veneziani, e altri ancora – dai riscontri effettivamente disponibili (Ravegnani 2020, Ortalli 1995 e 2021). In questa sede ci si limita quindi a proporre qualche documento, utile a richiamare alcuni aspetti della realtà lagunare, e del territorio che prenderà il nome di «Dogado», in epoca remota. Nelle considerazioni di Renier Michiel sui primi veneziani, l’accento viene posto immediatamente su due degli elementi basilari della fortuna di Venezia, ovvero il sale e il commercio che via mare se ne faceva: «Erano uomini pacifici e laboriosi, che con somma industria avevano saputo costruire sulle acque le loro case, e le loro saline. Le seconde lor case erano le barche, e con esse facevano il traffico del sale, al qual fine tenevano cantieri ed arsenali».

Nei secoli della Serenissima, la presunta origine della fondazione cittadina veniva in ogni caso commemorata dal Doge, che nel giorno dell’Annunciazione si recava di anno in anno, «con gran pompa e accompagnato da tutto il suo regale corteggio», ad ascoltare messa solenne in San Marco, «in rendimento di grazie all'Altissimo per i fausti natali d' una città sì portentosa».

Andrea Pelizza

 

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