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Bolla d’oro del doge Giovanni Bembo
1618
Bolla d’oro pendente tramite filo serico cremisi, Ø 30 mm, h. 7 mm
Atti diplomatici e privati, b. 76, n. 2185
I documenti prodotti nella Cancelleria ducale avevano la caratteristica peculiare di avvalersi come sigillo della bulla plumbea, anziché del più semplice e diffuso sigillo impresso in cera. Il sigillo metallico era usato nell’Impero Romano d’Oriente, mentre in Occidente era usato quasi esclusivamente dalla Cancelleria pontificia.
L’uso della bulla plumbea a Venezia è documentato fin dai tempi del doge Pietro Polani (1130-1148) e fu introdotto con l’evidente scopo di imitare gli usi orientali.
Il sigillo veneziano è impresso su entrambe le facce e, seppur con aggiornamenti stilistici che si riflettono soprattutto nelle vesti dei personaggi, mantiene sempre la stessa iconografia nel corso dei secoli.
Sul recto viene raffigurato il protettore dello Stato, l’evangelista Marco, nell’atto di consegnare al Doge il vessillo marciano. Questo gesto, realmente compiuto dal primicerio della chiesa di San Marco nella cerimonia di incoronazione del Doge, assume qui il significato simbolico della traditio di un mandato universale e cristiano dal santo alla Repubblica di Venezia. Il potere, in questa visione, risiede stabilmente nelle mani del protettore della città che lo consegna temporaneamente all’uomo che rappresenta e guida la Repubblica. Il Doge, inoltre, impugna con l’altra mano il rotolo della promissione, il giuramento costituzionale pronunciato all’atto dell’assunzione dell’incarico, che simboleggia sia il mandato del singolo che il ruolo e la funzione di tutto lo Stato.
Il sigillo era quasi sempre in piombo, ma in alcuni rarissimi casi poteva essere impiegato anche un metallo prezioso come l’argento o l’oro, a seconda della solennità del documento a cui veniva appeso.
Questa bolla in oro zecchino del doge Giovanni Bembo (1615-1618), assieme al sigillo in cera del Duca di Savoia, corrobora un trattato firmato dalla Serenissima e dal Ducato il 14 marzo 1618 in funzione antispagnola. Vista la solennità del documento, la Cancelleria opta per il metallo più prezioso: una massa di cera viene rivestita da lamine d’oro lavorate a cesello e appesa al documento tramite un filo serico color cremisi.
AE
Biblio.: Cecchetti 1865; Cecchetti 1888; Bascapè 1969, pp. 245-258; Il sigillo 1985, p. 62, n. 2.