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Testamento autografo non pubblicato (rogito) di Andrea Vendramin, gastaldo ducale
1630, 30 ottobre. Venezia
Involucro, mm. 200 x 290
Notarile, Testamenti non pubblicati, bb. 1177-1178, test. 13 rosso
Rogito del testamento autografo di Andrea Vendramin, gastaldo ducale, redatto in terza persona dal notaio e cancelliere ducale Francesco Erizzo il 30 ottobre 1630; anche in questo caso mentre infuria l’ennesima epidemia di peste:
Venuto nella cancelleria del serenissimo prencipe il clarissimo signor Andrea Vendramin, gastaldo di sua serenità, presentò nelle mani di me Francesco Erizzo, cancellier ducal, la presente cedula bolata, qual disse esser il suo testamento et ultima volontà. Disse esser tutto scritto et sottoscritto di sua propria mano, pregandomi che dopo la sua morte quello vogli compir, roborar et rilevar in pubblica forma, giusta le leggi di questa città.
Testamento “non pubblicato”, quanto a definizione giuridica, “chiuso” quanto a modalità di confezionamento e conseguentemente di conservazione. Una volta defunto il testatore, visu cadavere, nella maggior parte dei casi veniva attivata la procedura di “pubblicazione” del suo testamento, o per iniziativa degli eredi, veri o presunti che fossero, quindi “di parte”, o per iniziativa pubblica. Ma non sempre questo accadeva; di qui la causa principale della sussistenza della maggior parte – non di tutti, ovviamente – dei testamenti “chiusi”, ovvero “non pubblicati”, conservati nella Sezione Notarile dell’Archivio di Stato di Venezia. La pubblicazione, nella sua materialità, consisteva essenzialmente nella trascrizione a registro, definito con voce tecnica “protocollo” – dal 1° giugno 1307 obbligatoriamente in pergamena – del contenuto della “cedola testamentaria”, autografa, allografa o nuncupativa che fosse. In ogni caso, la successione poteva avvenire anche in assenza della manifestazione di ultima volontà, ab intestato, cioè secondo le modalità successorie generali disposte dalla normativa vigente: ovvero praeter testamentum, semplicemente ignorandone l’esistenza, al fine magari di evitare l’assolvimento della speciale imposta di successione, il “quintello alle Acque”. Leggiamo, infatti, nel Capitulare legum notariis publicis Venetiarum:
[1301, 28 luglio] Item omne testamentum seu testamenta quae fecero, publicabo bona fide et sine fraude quam citius potero, ad minus infra tertiam diem, comissario vel comissariis in eo vel in eis constituto vel constitutis. Et ei vel eorum cuilibet dabo testamentum autenticum infra unum mensem postquam a me petierint, retinendo tamen semper apud me unum testamentum autenticum, de quo, bona fide et sine fraude, faciam copiam omnibus jus habentibus in eo (…).
FR
Biblio.: Bigalea 1689, pp. 3, 12.
