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Il Capitolare dei medici

1258, aprile. Venezia.

Registro pergamenaceo, rilegato in cartone, 330 x 250 mm

Giustizia vecchia, reg. 1

La modernità di Venezia in ambito sanitario, durante i secoli della Serenissima, si manifestò attraverso la sua capacità di saper provvedere all’organizzazione dell’assistenza e di saper approntare delle regole per la tutela dell’igiene pubblica e dell’ambiente, costituendo un modello imitato per la sua efficacia. Già a partire dal 1258 venne redatto, cinquant’anni prima di quello di Firenze, il Capitolare dei medici e degli speziali. La magistratura della Giustizia vecchia, istituita dal doge Sebastiano Ziani nel 1173, aveva il compito di redigere i capitolari, ovvero gli statuti delle corporazioni veneziane, che avevano, già nella prima metà del Duecento, ottenuto pieno riconoscimento giuridico. Lo statuto dei medici è contenuto nel registro del Capitolare delle arti a c. 169 (n. XXXIV) e consta di sedici capitoli, quello degli speziali si trova a c. 159 ed a c. 170 (n. XXVIII e n. XXXV), in duplice registrazione e consta di ventisette capitoli, comprese le addizioni successive. Del 1270 è invece il capitolare dei barbieri registrato a c. 65v (n. IX); a questi erano demandati anche compiti di piccola chirurgia, come estrazioni dentarie, suture di ferite, salassi. Durante il dominio austriaco il codice fu asportato e trasferito nella Biblioteca Imperiale di Vienna, tra i volumi aggiunti alla Raccolta Foscarini, ma fu successivamente riportato a Venezia e ricollocato nell’archivio della Giustizia vecchia. Nell’esordio del Capitolare dei medici, i Giustiziarii del Comune di Venezia, cioè Marco da Canale, Leonardo Mocenigo e Andrea Memmo, dichiaravano di provvedere alla formulazione di un capitolare scritto per essere conservato e tramandato nella memoria, sul quale dovevano giurare coloro che professavano l’arte e che dettava disposizioni di carattere etico, facendo supporre (come espresso da Migliardi O’Riordan) che in precedenza «esistessero già delle “regole” a carattere consuetudinario». Nel secondo capitolo si prevedeva che i medici dovessero prestare giuramento con queste parole: «medicherò legalmente e con discrezione tutti gli infermi, i feriti ed i sofferenti altre infermità, dei quali avrò assunto la cura; e darò loro consiglio e soccorso secondo le loro infermità; nè prolungherò con alcuna frode le loro infermità». Inoltre dovevano giurare di non accordarsi con gli speziali per lucrare sulla vendita delle medicine, di preparare polveri, sciroppi ed unguenti «come insegna la fisica e l’antidotario», di non permettere agli speziali di medicare o dare medicine senza il consiglio dei medici. Tali disposizioni vennero poi integrate negli anni successivi con ulteriori deliberazioni del Maggior consiglio, che andò dettando norme più precise a tutela della professione.

TC

Giustizia vecchia, reg. 1

 


Biblio.: Foucard 1859, pp. 6-18; Migliardi O’Riordan Colasanti 1979, pp. 80-83; Vanzan Marchini 2011, p. 5; Dal Borgo 2015, p. 161.

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