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Il Maggior consiglio chiede a Taddeo Alderotti insigne medico fiorentino di prestare servizio a Venezia

1293, 4 giugno. Venezia.

Registro pergamenaceo, legatura in assi, 425 x 320 mm

Maggior consiglioPilosus, reg. 5, c. 33v

L’attenzione che la Repubblica di Venezia dimostrò nei confronti del problema sanitario è riscontrabile anche nel tentativo con cui essa cercò di attirare a sé i medici più capaci ed illustri del tempo. Nel 1293 il Maggior consiglio chiese all’insigne medico fiorentino Taddeo Alderotti o degli Alderotti di prestare servizio a Venezia, promettendo ricompense e dando anche alcune prescrizioni: «gli prometteva onori e premii nel suo soggiorno a Venezia, gli prescriveva di condur seco due scolari, di visitare e medicare i poveri di Cristo senza alcuna retribuzione, di non ricevere più di dieci soldi in ricompensa di una cura, eccettuate alcune, di dare consiglio gratuito ai nobili veneti, se andassero a chiederlo nella di lui casa. Se qualche epidemia si manifestasse nella città, per la corruzione dell’aria o per qualunque altra causa, era tenuto di stenderne una scrittura, o relazione, nella quale sarebbero state indicate le cose da cui ognuno dovrebbe astenersi e quelle da usarsi». Taddeo Alderotti era nato a Firenze nel 1223, ma aveva vissuto quasi sempre a Bologna, dove a partire dal 1260 aveva iniziato a insegnare medicina all’Università. Questa fu la prima in Italia, divenendo poi un modello da imitare, a diffondere un sapere nuovo, che si basava sulle conoscenze mediche di origine greca di grandi maestri come Ippocrate e Galeno, rielaborate successivamente da alcuni importanti filosofi arabi, come al-Kindi, Avicenna e Averroè. Costoro avevano posto alla base dello studio della medicina la logica e la filosofia della natura, insegnate secondo l’analisi del pensiero di Aristotele. Tali studi avevano preso avvio dalla celebre Scuola di Salerno, primo centro di medicina laica nel Medioevo, dove l’insegnamento della disciplina sulle basi classiche continuò ad essere trasmesso da maestro a discepolo. A simile complesso di dottrine si affiancarono anche manuali pratici, scritti sulla base di conoscenze che non si riferivano alla scienza, ma all’ars, cioè all’esperienza diretta, che venne così inserita nel sapere medico. Taddeo degli Alderotti, insieme a Pietro d’Abano, medico nei primi del Trecento a Padova, e Arnaldo da Villanova fu tra i più convinti sostenitori del duplice aspetto della medicina, teoria e prassi; nelle loro opere si preoccuparono di trovare un equilibrio tra queste due tendenze, in un momento in cui la nuova medicina scientifica veniva sempre più conformata sulla scienza giuridica. Qualche anno più tardi venne chiamato a Venezia in qualità di insegnante anche il celebre Raimondo de’ Liuzzi, detto il Mondini, che fu il primo ad eseguire a Bologna la sezione di un cadavere umano, pratica che solo da quel momento venne acconsentita. Sulla base di quell’esperienza da allora il Maggior consiglio, dando così dimostrazione della sua capacità di saper superare le credenze dell’epoca, obbligò ogni medico e chirurgo ad assistere una volta all’anno allo studio di anatomia su un cadavere di un uomo morto di recente, fornito dai Signori di notte al criminal.

TC

Maggior Consiglio, Pilosus, reg. 5, c. 33v 

 


Biblio.: Foucard 1859, pp. 20-21; Cecchetti 1883, pp. 366-367; Cosmacini, 1987, pp. 27-32.

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