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Le fraterne per il sollievo dei poveri. «Asse di tutte le rendite, ed aggravi certi delle fraterne secolari de poveri»
1787. Venezia.
Supporto in carta composto da due fogli incollati, 738 x 566 mm
Provveditori e Sopraprovveditori alla sanità, busta 1000 bis, Asse delle fraterne.
Le fraterne dei poveri dipendevano, come si è visto nelle schede precedenti, dai Provveditori alla sanità, ai quali era stata affidata la cura ed il controllo dei poveri fin dal Cinquecento. Tutte le decisioni più importanti prese dai membri delle varie fraterne, prima di diventare operative, dovevano essere approvate da questa magistratura. Un contabile dei Provveditori, inoltre, aveva l’incarico di rivedere ogni anno l’amministrazione delle casse delle fraterne per controllare che non si verificassero abusi nella gestione dei fondi a loro disposizione. Tali risorse finanziarie erano costituite in gran parte da lasciti testamentari di parrocchiani che in punto di morte avevano deciso di cedere i loro beni, in tutto o in parte, ai vicini più bisognosi. Appartenenti a vari ceti, questi benefattori potevano lasciare in dono capitali da un paio di ducati fino a decine di migliaia. È stato calcolato che il moltiplicarsi dei lasciti nella seconda metà del Settecento garantì la crescita delle risorse a disposizione delle fraterne: si passò complessivamente da 493.833,14 ducati nel 1752 a 739.704,1 nel 1787 per raggiungere la cifra di 967.239,8 nel 1796, investiti quasi interamente in titoli del debito pubblico, i cui interessi venivano impiegati nelle diverse modalità di assistenza svolte presso i bisognosi delle parrocchie. Una chiara fotografia della contabilità complessiva delle fraterne dei poveri per l’anno 1787 è fornita dall’«asse» economico qui riprodotto, compilato da Zorzi Gasparotti, un «ragionato» incaricato dai Provveditori l’8 maggio 1787 di eseguire un controllo completo sui quaderni contabili di tutte le fraterne e di trarne un riassunto a loro uso. Nella tabella sono registrate le singole fraterne divise per sestiere, le loro «rendite» e i rispettivi «aggravi». Tra le voci di spesa figurano, come si è visto, i salari destinati ai medici e ai chirurghi della Fraterna, che incidevano complessivamente per il 7% sulle entrate. Una quota del 13,2% era destinata a quelle che potremo definire “spese di gestione” delle fraterne, come i salari per i dipendenti, le contribuzioni alla parrocchia, il pagamento di imposte su stabili posseduti dalla Fraterna, l’esecuzione di speciali richieste dei testatori che avevano lasciato beni alla Fraterna, ed altre spese minori. La parte principale dei fondi veniva riservata all’assistenza ai poveri ed ai malati («sopravanzo disponibile per li poveri»).
PPDM
Biblio.: Vianello 2001, pp. 233-272.
