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Testamento di Baldassare Longhena, «proto»
1681, 15 maggio. Venezia
un bifoglio, mm. 195 x 291 piegato
Notarile, Testamenti, b. 487, test. 62
Privo di discendenti, il celebre architetto nomina erede universale il più caro e fidato dei collaboratori, Baldassare Garzotto, figlio di quel Girolamo, pure lui suo aiutante nei decenni precedenti.
In apertura della cedola testamentaria Longhena si definisce «proto architeto alla Salute», come usava sin dal 1631, «consapevole del fatto che la chiesa della Salute fosse il suo capolavoro e l'opera più importante della sua vita» (Hopkins). Tuttavia sono numerosissime le sue progettazioni e realizzazioni, specialmente in città, ma anche fuori, tra le quali va ricordata almeno la suggestiva scalinata a doppia rampa della biblioteca di San Giorgio maggiore.
Perentoria nel ribadire e sottolineare la propria volontà risulta, poi, la chiusura del testamento: «Aggiongo che lasso come sopra al suddetto Baldissera, et se no ghe posso lassar, ghe dono et ghe lasso per l'amor di Dio».
Garzotto riceverà tutti gli immobili di Longhena in contrada di San Severo e di San Giovanni Novo (sestiere di Castello) e i beni mobili, in particolare «le pietre tutte della mia bottega a San Sovero», con l'onere, tuttavia, di dotare le proprie sorelle Giustina e Marietta, di tenere in casa vita natural durante la «serva» di Longhena, Orsetta, e di istituire una mansioneria perpetua in suffragio del medesimo testatore.
Alla domanda di rito del notaio, Longhena replica aggiungendo un piccolo lascito agli ospedali veneziani. Descritto da Tommaso Temanza come professionista dalle grandi capacità di ascolto, solito visitare i cantieri sollecitando i pareri dei capi mastri, e talvolta anche dei «più inesperti giornalieri», a Longhena viene riconosciuta una straordinaria abilità nel redigere la documentazione degli appalti, le perizie di spesa e nel fornire disegni, modelli e descrizioni a corredo delle opere progettate.
ET
Biblio.: Hopkins 2005.
