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Testamento di Giorgio Baffo
1750, 2 ottobre. [Venezia]
un bifoglio, mm. 201 x 282 piegato; involucro con tre sigilli cerei aderenti mm. 354 x 242
Notarile, Testamenti, b. 1158, test. 107
Scritto di proprio pugno ben 18 anni prima della morte, il testamento di Giorgio Baffo (1694-1768), celebre per le poesie licenziose (mai raccolte e pubblicate in vita), rivela in sole venti, asciutte righe di un'unica facciata, una personalità avulsa dai comuni canoni di comportamento e, allo stesso tempo, esplicita la fragilità patrimoniale di un appartenente al patriziato di modeste fortune.
Erede universale è la moglie, Cecilia Sagredo, cui manifesta reiteratamente la consapevolezza che i beni residui potranno risultare insufficienti persino a restituirle il fondo dotale.
Nessun legato. Nulla neppure alle sorelle: «già mie sorelle saranno eredi di tutta la eredità paterna e materna».
Il minimo di spesa per i funerali: prescrive l'intervento di solo «mezzo capitolo» e «farmi cantare una sola messa granda da morto il giorno della mia sepoltura» (due endecasillabi).
ET
Biblio.: Torcellan 1963.
