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Le presenze forzate. Compravendita di uno schiavo di 16 anni per 25 ducati d’oro

1366, 3 gennaio

Cancelleria inferiore, Notai, b. 134 bis

Nonostante una credenza abbastanza comune, la schiavitù in Europa non cessò di essere praticata con l’avvento e la propagazione del cristianesimo, ma rimase un istituto estesamente diffuso, con sfumature e condizioni diverse, per l’intero continente, almeno fino alla tarda età moderna. Come scrisse Luigi Cibrario, al di là delle molte forme di schiavitù prediale, in epoca medievale si incontrano numerosi «infedeli o idolatri», che venivano «presi in guerra o comprati o rubati». Erano schiavi – e ancor più schiave – di etnia tartara o circassa, in gran parte introdotti in Europa dalle lontane colonie veneziane e genovesi del Mar d’Azov, per essere utilizzati soprattutto nel lavoro domestico. Tra i principali mercati per questa povera “merce umana” figuravano dunque le piazze di Genova e Venezia, dove i divieti delle autorità laiche ed ecclesiastiche sulla compravendita di esseri umani venivano facilmente e quotidianamente aggirati giocando sul fatto che la maggior parte di questi individui non era battezzata; anche se era sottoposta al sacramento, per volere dei padroni, il battesimo non comportava del resto automaticamente l’affrancamento, che poteva tardare talora molti anni, o non giungere mai. Nell’atto notarile rogato dal notaio Damiano Andrea de Zandegiuli (Damianus Andreas de Zandegiuliis), Nicoletto de Ansoldo, del confinio di San Felice, vende per 25 ducati d’oro al concittadino Giacomello da Ponte, del confinio di San Giacomo dall’Orio, un giovane schiavo tartaro di appena 16 anni, chiamato Zangri nella sua lingua d’origine, ma da battezzarsi col nome di Vittorio.

Manifestum facio ego Nicoletus de Ansoldo de confinio Sancti Felicis cum meis heredibus quia in Dei nomine do, vendo et imperpetuum transacto vobis ser Iacomello de Ponte speciario de confinio Sancti Iacobi de Luprio et vestris heredibus unum meum sclavum etatis annorum circa sedecim, ortum de genere Tartarorum, vocatum in lingua tartara Zangri, sed ad baptismum debet vocari Victor, quem vobis do sanum et pro sano omnibus suis membris infirmitate et magagnis tam publicis quam occultis amodo in antea cum plena virtute et potestate dictum sclavum intromittendi, tenendi, possidendi, dandi, donandi, vendendi, franchandi, alienandi et quicquid de ipso vobis et vestris heredibus deinceps placuerit perpetuo faciendi tamquam de re vestra propria, nemine vobis contradicente.

AP

Cancelleria inferiore Miscellanea b 134 bis fasc 2 0002 001 r

 


Biblio.: Cibrario 1868, p. 177, p. 230; Verlinden 1977, p. 579.

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