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Gli armeni a Venezia. Testamento di «Maria armina»

1341, 2 ottobre

ASVe, Notai di Venezia, Testamenti, b. 722

Presenza plurisecolare a Venezia è quella di una comunità armena. L’isola di San Lazzaro, posta tra San Marco e il Lido, fu concessa dalla Repubblica alla congregazione benedettina dell’abate Mechitar – la quale ancora vi risiede – nella prima metà del Settecento, ma in realtà già dal secolo XII tra Venezia e il Regno armeno di Cilicia fu intessuta una rete di rapporti politici e commerciali, e i privilegi e le concessioni che i sovrani armeni fecero ai mercanti veneziani furono registrati dalla cancelleria marciana (ASVe, Pacta, reg. 3, c. 42r: nel gennaio 1271 ai mercanti veneziani viene concesso di commerciare in Armenia). Evidentemente la comunità armena nell’area rivoaltina doveva essere abbastanza folta quando nel 1253 il patrizio Marco Ziani, figlio del doge Pietro e nipote del doge Sebastiano, lasciò a essa per testamento una sua casa presso San Marco, precisamente a San Zulian: «Domum in qua manent Armini volumus ut in perpetuo ipsi in ea stare et habitare debeant» (ASVe, Procuratori di San Marco, Misti, b. 180, 26 giugno 1253, copia dell’11 agosto 1335). Ancora più interessante il fatto che il primo documento prodotto da un armeno a Venezia provenga da una donna, una certa «Maria armina, massaria domus Arminorum, de confinio Sancti Iuliani», che nel 1341 fece testamento, richiedendo di essere inumata nel cimitero armeno che all’epoca risultava sussistere nell’isola di San Giorgio Maggiore. Con lo stesso atto, Maria lasciò anche una somma per il restauro della casa degli armeni a San Zulian. Successivamente in questa venne ricavata la chiesa di Santa Croce, che ancora oggi, pur trasformata nel sec. XVII, viene officiata secondo il rito armeno. Da ricordare infine che proprio a Venezia venne dato alle stampe il primo libro in lingua armena, tra 1511 e 1512: un testo di devozione popolare, curato da un certo Hakob Meghapart (Hakob il Peccatore).

AP

Notai di Venezia, Testamenti, b. 722

 


Biblio.: Ortalli 2004, p. 21; Karapetian 2011, pp. 223-230.

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