5 di 7 - INDIETRO - AVANTI - HOME PERCORSO MOSTRA
Richieste di «discriminazione»
1939, 21 gennaio
Prefettura di Venezia, Gabinetto, Affari generali e affari ebraici, Serie generale, b. 3, fasc. 587
In 4 faldoni, pertinenti al Gabinetto della Prefettura di Venezia, sono custoditi 398 fascicoli personali, relativi alle cosiddette richieste di «discriminazione». Secondo quanto stabilito dall'art. 14 del R. Decreto Legge 17 novembre 1938, n. 1728 (“Provvedimenti per la difesa della razza italiana”), infatti, il ministro dell'interno poteva - a sua discrezione, caso per caso, su documentata istanza degli interessati - dichiarare non applicabili ai cittadini ebrei che dimostrassero di possedere determinati requisiti alcune delle misure più limitative previste in merito alla proprietà di aziende, terreni e fabbricati e all'attività lavorativa in campo assicurativo (e, successivamente, anche all'esercizio delle libere professioni, secondo il dettato della L. 29 giugno 1939, n. 1054). I requisiti richiesti riguardavano particolari servizi prestati all'Italia e al fascismo. Potevano infatti presentare domanda i «componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista», i «mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola», i «combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola» detentori almeno della croce al merito di guerra, i «mutilati, invalidi, feriti della causa fascista», gli «iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924», i legionari fiumani e coloro che avessero acquisito «particolari benemerenze», che una apposita commissione nazionale valutava. L'interessato doveva presentare la sua istanza alla Prefettura, la quale svolgeva l'attività istruttoria acquisendo da altri uffici e istituzioni (in particolare dalle forze dell'ordine e dalla locale Federazione fascista) il prescritto parere sulle condizioni economiche, condotta morale e idee politiche del richiedente e dei congiunti. Tutto veniva poi inoltrato, corredato di una non vincolante valutazione favorevole o contraria all'accoglimento della domanda, al ministro dell'interno, al quale spettava l'adozione del provvedimento finale. Una procedura così complessa, che oltretutto si svolgeva in forma strettamente riservata, senza che nulla ne dovesse o potesse trapelare all’esterno, si prestò ovviamente alle operazioni di opportunisti e profittatori. Sfruttando il desiderio di molte famiglie ebraiche di mitigare per quanto possibile il rigore delle leggi razziali, non poche figure di “intermediari”, a vario livello, colsero l’occasione di volgere la situazione a proprio tornaconto. A Venezia fu attivo, ad esempio, un certo Carlo Magnino, docente di etnografia, che si prestava per denaro a falsificare certificati di battesimo per attribuirli a ebrei. La vicenda di Magnino, di cui si occupò la polizia, coinvolse il prefetto di Venezia, Marcello Vaccari, e lo stesso sottosegretario dell’interno, il potente gerarca Guido Buffarini Guidi.
AP
Biblio.: Gli ebrei a Venezia 1995; Pelizza 2019; Canali-Volpini 2019, pp. 120-121.